Questa volta condividiamo con i nostri lettori (e pubblichiamo anche a futura memoria) un nostro articolo scritto da Paola C. Sabatini, Consulente del Lavoro, e pubblicato sul Magazine semestrale di una nostra azienda cliente, la Chianti General Service, azienda quanto mai estrosa e ben radicata nel suo territorio.

Tre personaggi in cerca d’autore o i tre protagonisti di un nuovo film-omaggio a Sergio Leone e al suo   Il buono, il brutto, il cattivo? Né l’uno né l’altro, solo tre dei tanti lavori agricoli che si possono trovare girovagando tra le nostre campagne e che, usando un linguaggio più tecnico, definiremmo come tre dei tanti profili professionali  presenti in agricoltura.

 

Un tempo veniva chiamato contadino chi abitava il contado, cioè il territorio intorno alla città, opponendolo al  cittadino; al giorno d’oggi, invece, è chi lavora la terra, chi pratica l’agricoltura per sé coltivando le proprie terre oppure per conto di altri.  Molto più bizzarro è il buttero,  una figura sospesa tra mito e leggenda, ovvero, il pastore a cavallo tipico della Maremma toscana che richiama un po’ il gaucho della pampa argentina .  E poi…c’è lo IAP, il “colletto bianco” del mondo agricolo,  l’acronimo che sta per ‘imprenditore agricolo professionale’, colui che dedica all’attività agricola almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricava dalla stessa il 50% del reddito globale.

 

I primi due si sporcano le mani, vivono all’aria aperta, incarnano ciò che nell’immaginario collettivo non può prescindere da un profondo legame  con la terra (il contadino), con il bestiame (il cavallo e i buoi  per il buttero); il terzo (l’imprenditore agricolo professionale) alla terra e al bestiame potrebbe non avvicinarsi mai  poiché potrebbe svolgere la sua  attività stando dietro a una scrivania, amministrando e coordinando le varie fasi  di un’attività agricola. Anche perché lo IAP non è neppure sempre  una persona fisica, potrebbe essere una società di persone, di capitali o una cooperativa.

 

Nel diritto del lavoro italiano vige un principio generale per cui tutte le attività lavorative potrebbero essere svolte sia in forma autonoma che in forma subordinata, ovvero, nella più totale e ampia autonomia di tempo e di mezzi, oppure dirette, controllate e organizzate da qualcun altro. Così, se parliamo di lavoratori autonomi agricoli avremo a che fare con i coltivatori diretti, i coloni e piccoli coloni, i mezzadri e gli imprenditori agricoli professionali mentre se ci riferiamo al lavoro subordinato,  il contadino diventa un operaio agricolo e il buttero… beh, rimane buttero,  anche quando è salariato, ma questa è un’altra storia.

 

Tuttavia, se fino a un paio di decenni  fa difficilmente avremmo sbagliato a indicare alcune mansioni come soltanto agricole a (il vignaiolo, il mungitore, il pastore, ecc. ), ora tutto dipende dalla o dalle attività effettivamente svolte da un’azienda che – udite, udite! – potrebbe addirittura non essere nemmeno agricola ma inquadrata, da chi ne ha la competenza, come tale. Per esempio, sono attività accessorie all’agricoltura,l’agriturismo, l’enoturismo e la manutenzione delle aree verdi, tre attività piuttosto lontane dal tipico ciclo stagionale e dalla tipica produzione agricola. Tutto ciò porta a includere, tra le mansioni degli operai agricoli, nuove figure professionali un tempo avulse dal contesto tipico del lavoro in agricoltura.

 

Qualche esempio? il potatore artistico di piante o il giardiniere, che sarebbero stati inquadrati come degli artigiani lavorando in proprio, o dei domestici se avessero lavorato per un privato, ma che diventano operai agricoli se la loro azienda si occupa di manutenzione di  aree verdi o di un agriturismo. Oppure il cuoco, il bagnino o l’addetto alla portineria, attività che normalmente richiamerebbero  alla mente strutture ricettive o della ristorazione.  E che dire dell’educatore di “agriasilo” (asilo per bambini all’interno di un’azienda o fattoria agricola),del bagnino e dell’addetto alle attività sportive, turistiche e di animazione o alle attività ricreative, tutte figure presenti all’interno della classificazione del personale del contratto collettivo degli operai agricoli e florovivaisti operanti nella provincia di Siena, settore agrituristico.

 

Tutto ciò ci porta a constatare quant’è complesso il mondo del lavoro italiano, fatto di antichi mestieri e di nuovi profili professionali , di ambiti dove ogni confine può essere spostato sempre un po’ più in là, dove  il bianco e il nero non sono mai così definiti,  dove una stessa attività può essere svolta in forme imprenditoriali differenti:  industriale o artigianale, commerciale o agricola, se non addirittura domestica, senza che ciò desti scalpore nell’italiano medio ma solo tanta apprensione negli imprenditori stranieri che provano a comprendere come funziona il nostro bel paese e che magari vogliono anche diventare degli iap!

 

Perché è importante definire il settore o la  mansione lavorativa, stabilire se si tratta di attività autonoma o di subordinazione? Perché da questo dipenderanno molte cose; per i lavoratori dipendenti, ad esempio,  il trattamento economico e giuridico corrispondente a ciascun livello di inquadramento: retribuzione, orario di lavoro, trattamento economico durante la malattia e la maternità, rischio lavorativo da assicurare o indennità varie da erogare, periodo di ferie o di preavviso, definizione dell’organigramma, ecc.; per i  lavoratori sia  autonomi che subordinati, l’inquadramento previdenziale e assicurativo, oltre che fiscale.

Come dice l’antico proverbio «il mondo è bello perché è vario» ma cercare di capirlo è un’altra cosa!

 

 

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