Qualche giorno fa siamo stati invitati dalla Società agricola Suvignano  s.r.l. di Monteroni d’Arbia,  in provincia di Siena, a un seminario dedicato alla reputazione e alla fiducia delle imprese  e a quella di chi intrattiene rapporti con esse, nonché alla diffusione e alla conoscenza dei nuovi metodi e approcci per renderle misurabili e oggettive.

Suvignano è un’azienda con una storia molto particolare e insolita rispetto all’area senese, visto che – per la prima volta e in via preventiva – fu confiscata nel 1983 alla criminalità organizzata da Giovanni Falcone e, dopo successivi sequestri e dissequestri e infinite vicende processuali, solo dal 2019 è stata assegnata alla Regione Toscana (https://www.toscana-notizie.it/-/fu-il-giudice-falcone-a-sequestrare-nel-1983-la-tenuta-di-suvignano ) e, di conseguenza, restituita alla collettività.

L’intermediario tra ‘Cosa nostra’ e il territorio fu un imprenditore edile che, dalle testimonianze dei cittadini che all’epoca lo avevano conosciuto e incontrato, sembrava ‘normale’ e del tutto affidabile, e invece…

Ma Suvignano, che in questi anni ha continuato e a essere simbolo della lotta alle mafie, è anche un’ azienda agricola in funzionamento, che crede nella possibilità di promuovere comportamenti positivi e virtuosi e che questi possano essere incoraggiati, non facendo leva sulla paura di evitare le sanzioni quanto sull’adozione di  azioni positive per cui comportarsi bene diventa più conveniente e più facile, scongiurando altresì le sanzioni.

Sembrano tutti concetti molto astratti ma abbiamo capito, in quella occasione, che non lo sono e che esistono degli strumenti per difendersi, come imprenditori, professionisti e comuni cittadini, dalle notizie false (c.d. fake news), dalla reputazione costruita su ciò che – navigando  in internet – si trova sul nostro conto (c.d. web reputation) e dall’uso di notizie non verificate, magari pescate qua e là (c.d. sentito dire).

In particolare, si tratta del cosiddetto rating reputazionale che, in maniera oggettiva, misurata da appositi  RAM (Reputation Audit Manager), valutano  il grado di affidabilità e di trasparenza di imprese, enti e individui, attraverso la raccolta, la  verifica, la certificazione di tutta una serie di documenti  che ne provano la fondatezza e il livello sotto il profilo penale, fiscale, civilistico, di lavoro, d’impegno civile e, infine, di formazione.

Il rating reputazionale non è altro che un codice composto da cinque indicatori alfanumerici che, in soldoni,  misura il grado di fiducia meritato da una persona o da un’organizzazione (azienda o ente).

A cosa può servire tutto ciò? A creare un circolo virtuoso. Il punto è che, sempre più spesso, è necessario avere delle certezze riguardo ai fornitori che scegliamo, ai collaboratori che individuiamo, ai clienti rispetto ai quali decidiamo di assumere un rischio, dal momento che il mercato è saturo e pieno di azzeccagarbugli, lestofanti, imbonitori e truffatori d’ogni genere. Una buona reputazione crea fiducia, la fiducia rende forti  e promuove la legalità, perché di questo si tratta alla fine dei giochi: non di moralismo ma di etica del lavoro.

Questo ci ha portato a riflettere anche su uno dei tanti settori in cui noi, come consulenti del lavoro, operiamo già da un po’ di tempo. Infatti, è dal 2014 che, nell’ambito dei compiti e delle funzioni sussidiarie che gli ordini professionali svolgono per conto dello Stato, si innesta l’Asse.Co, una asseverazione che viene rilasciata su richiesta del  datore di lavoro, tramite un consulente del lavoro, che certifica la conformità della sua impresa nella gestione dei rapporti di lavoro, uno strumento finalizzato allo sviluppo e alla diffusione della cultura della legalità.

L’asseverazione vera e propria viene rilasciata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro, ha validità annuale ed è subordinata a controlli quadrimestrali periodici. Non assolve da responsabilità penali né esime da responsabilità solidali ma, ad esempio, orienta gli accessi ispettivi poiché questi vengono effettuati solo in via residuale e a campione tra le aziende già asseverate.

L’Asseverazione, inoltre, può essere utilizzata da soggetti pubblici e privati; in alcuni comuni e regioni, esserne in possesso costituisce un requisito che attribuisce maggiore punteggio nell’ambito di gare e appalti pubblici, quando non venga addirittura individuato come requisito imprescindibile per potervi partecipare. La conformità di cui all’Asse.Co viene  attestata, in particolare, riguardo al lavoro minorile, ai tempi di lavoro, alla salute e sicurezza sul lavoro, all’assenza di impiego di lavoro irregolare, al rispetto dei contratti collettivi, della regolarità contributiva e della corresponsione della retribuzione, nel rispetto della contrattazione collettiva  di riferimento del settore e maggiormente rappresentativa.

Se siamo riusciti a incuriosirvi e volete saperne di più non avete che da contattarci, noi provvederemo a chiarire i vostri dubbi e indirizzarvi sulla strada delle buone pratiche!

 

 

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