Per la categoria ‘Interviste’ del nostro blog questa volta abbiamo il piacere di ospitare Andrea Gessner, amministratore e fondatore delle edizioni Nottetempo.

Buona lettura!

1) Potrebbe raccontare in breve la storia di Nottetempo, com’è nata? È stato o è difficile promuovere e diffondere la cultura e, nello specifico, la narrativa e la saggistica? Che strategia di marketing è stata (e/o viene tuttora) adottata?

Nottetempo è nata nel 2002 con l’intenzione di proporre libri curati nel contenuto e nella confezione, ossia usando caratteri più grandi del normale e cercando la qualità in ogni aspetto della nostra proposta. In effetti questo messaggio ebbe una larga eco all’epoca, quindi riuscimmo a farci conoscere abbastanza in fretta. All’inizio la curiosità del lettore era anche attirata dalla presenza, tra le fondatrici, di Ginevra Bompiani e Roberta Einaudi, che hanno garantito questa qualità. Ginevra ha diretto la casa editrice fino alla fine del 2015, e la sua sapienza ed esperienza è stata fondamentale per la casa editrice.

Un altro fattore di marketing di quell’epoca molto importante è aver inventato la collana dei “sassi”, piccoli libri di grandi autori, che ci hanno immediatamente regalato una grande visibilità, almeno fino a quando non siamo stati seguiti su questa strada da case editrici con una storia più lunga della nostra.

Attualmente noi lavoriamo per farci conoscere e apprezzare sempre di più, e nel frattempo sono nate diverse collane oltre alla narrativa: i Saggi, declinati in quattro sfumature, dall’ambientalismo alla filosofia alla critica letteraria, e le Cronache, libri che stanno tra la saggistica e la narrazione e che ci raccontano alcuni aspetti del mondo che viviamo.

Direi che la cosa più importante, per una casa editrice dalle piccole dimensioni come la nostra, è di trovare una nicchia nella quale essere percepiti come riferimento, essere tra i migliori. Trovo molto più importante questo che vivere la frustrazione di cercare di fare concorrenza alle grandi major editoriali.

2) Innovazione tecnologica, sostenibilità, digitalizzazione come vengono declinate nella vostra attività?

Fin da subito il discorso ambientale è stato presente nella casa editrice, e da svariati anni, per esempio, utilizziamo carte di provenienza certificata in modo da contribuire il meno possibile alla deforestazione di aree che non dovrebbero subire questo tipo di sfruttamento.

Ce la mettiamo davvero tutta affinché il nostro impatto sia il più leggero possibile, ma senza infingimenti, dobbiamo dire che come ogni attività umana di produzione, sicuramente non siamo privi di responsabilità. Talmente cerchiamo di ridurre l’impatto che nella nostra sede non abbiamo ancora installato un impianto di aria condizionata, con grave incomodo di coloro che soffrono di più i mesi caldi.

Siamo molto aperti alle innovazioni tecnologiche, ovviamente, e per esempio da quasi subito abbiamo iniziato a pubblicare e-book in contemporanea con il libro stampato. Siamo sempre molto entusiasti per ogni nuovo linguaggio che possa coinvolgere la lettura, dagli audiolibri ai podcast. Il modello di economia e società nel quale viviamo è sempre più complesso, e più che adattarvisi, direi che bisogna cogliere le opportunità che ci offre.

Andrea Gessner con Judith Schalansky

3) Che modello organizzativo di lavoro avete scelto? Ricordo che siete stati i primi tra i nostri clienti a proporre ai vostri dipendenti il c.d. ‘lavoro agile’ (ancor prima che fosse emanata la legge n. 81 del 2017).

È così: fin dal 2017, quando ci trasferimmo da Roma a Milano (dopo essere nati a Siena) ho subito proposto questo modello alle mie dipendenti, in modo da non favorire una problematica familiare e da rendere il passaggio più morbido possibile. Siamo una piccola squadra che si avvale di consulenti esterni, che magari lavorano anche per altre realtà in maniera differente o su altri progetti che non entrino in conflitto coi nostri.

4) Nell’era dei social, ritenete il loro uso importante per divulgare le vostre attività? Se sì, in che modo viene gestita, vi siete affidati a specialisti del settore o avete cercato di sviluppare queste competenze al vostro interno? Avete un social media manager?

I social sono sempre più importanti: una volta c’era solo Facebook e forse Pinterest, ora siamo molto presenti su Instagram e ci interessa molto TikTok, che stiamo studiando. Ma anche i canali come Telegram sono importanti. Da un paio di anni abbiamo una social media manager: è davvero un mondo complesso dove c’è bisogno di professionalità ed è un mondo che non va trattato con superficialità o nei ritagli di tempo. I social esprimono in maniera plastica chi siamo e come comunichiamo e arrivano senza troppi filtri al lettore: è la società come si va organizzando, con sempre minori intermediazioni, che può essere per qualche aspetto anche negativo agli occhi di chi, come me, non è più giovane. Ma è una tendenza anche molto interessante per la maggiore vicinanza e relazione con chi ci sostiene concretamente andando in libreria ad acquistare i nostri libri.

5) A chi si rivolgono le vostre proposte, gli eventi e le iniziative che vengono organizzate? Sarebbe possibile ipotizzare nuovi percorsi da esplorare o, al momento, tutto sembra essere già stato sperimentato da parte di chi si occupa di editoria?

Ovviamente speriamo di interessare più persone possibili, il che a volte viene premiato, più spesso frustrato. Io credo che nuovi spazi di creatività e sperimentazione vengano continuamente aperti, bisogna essere vigili e creativi perché la comunicazione nel nostro settore è fondamentale, il rapporto con il lettore altrettanto, e non credo di aver bisogno di sottolineare quale sia l’importanza della relazione con ogni singolo libraio. Spesso chi non lavora nel nostro mondo non conosce (e sarebbe troppo chiederlo) le difficoltà che una realtà editoriale affermata ma di dimensioni contenute come nottetempo affronta quotidianamente per distinguersi e rendersi visibile nel mare magnum delle proposte editoriali

6) Quali sono stati i riconoscimenti e i successi più importanti ricevuti in questi anni? Quanto è difficile gestire una casa editrice indipendente?

Devo dire che i riconoscimenti non sono mancati: siamo arrivati più volte alla finale del premio Strega e del premio Campiello, tanto per citare i due maggiori premi italiani (e sappiamo altrettanto che sarà quasi impossibile vincerli per le dimensioni della casa editrice), ma posso citare il successo di un’autrice come Milena Agus, dei libri di Luciana Castellina, delle scoperte in campo narrativo come Giulia Corsalini, tanto per fare delle ingiustizie, come sempre capita quando si citano solo alcuni. Anche nella saggistica abbiamo avuto bellissimi riconoscimenti, soprattutto dai lettori, che spesso hanno immediatamente capito il valore di alcune operazioni, come in occasione della pubblicazione del libro di Davi Kopenawa, sciamano del popolo Yanomami – che abita la foresta amazzonica – che a dispetto di quello che mi veniva detto in quel periodo ha ricevuto un’accoglienza decisamente superiore alle aspettative.

Gestire una casa editrice indipendente è difficile perché il sogno, pubblicare libri importanti, necessari, si scontra con la durissima realtà di un mercato strutturato, ormai saturo da decenni e nel quale esistono posizioni dominanti praticamente inattaccabili. Ma rimane un mestiere bellissimo, ricco se non di soldi di accrescimento personale e umano. Certo, a volte far tornare i conti a fine anno non è uno scherzo, anzi. Credo che chiunque si avvicini al desiderio di avviare un’attività editoriale tradizionale come una casa editrice debba esserne consapevole prima di iniziare, per non andare incontro a delusioni.

Andrea Gessner con Lidia Yuknavitch

7) Qual è il rapporto con le altre case editrici? Ci sono forme di scambio e di condivisione delle proprie attività?

Chiaramente si creano amicizie, vicinanze, ma anche competizioni. Con gli amici si condivide molto, con gli amici davvero fidati si condivide quasi tutto. Io cerco per esempio, quando sono coinvolto in un’asta per i diritti editoriali di un libro, di informarmi se ho il sospetto che una casa editrice amica sia il mio concorrente: in quel caso si possono fare dei ragionamenti per non danneggiarsi l’uno con l’altro. Ma devo dire la verità: sono casi più unici che rari. Con altre case editrici delle nostre dimensioni possiamo collaborare anche organizzando incontri, seminari, piccole fiere: è importante che ognuno, in questi casi, mantenga il proprio carattere e la propria specificità pur nella collaborazione.

8) Spesso sentiamo dire che l’editoria è in crisi, che si pubblicano troppi titoli e non sempre di qualità, che in Italia si legge poco e che i libri si acquistano sempre meno, che solo le grandi case editrici oppure quelle che si occupano di editoria altamente specializzata riescono a sopravvivere, ecc. Quanto c’è di vero in tutto questo?

Credo ci sia anche un “diritto di mugugno” che connota il nostro mondo: le frustrazioni sono sempre dietro l’angolo perché la sorpresa di un libro valido che non viene scoperto credo l’abbiano vissuta tutti i miei colleghi. Se devo guardare la nostra realtà freddamente devo ammettere che il mercato cresce e le possibilità ci sono, e non è vero, dalla mia esperienza ventennale, che c’è stata un’epoca d’oro di cui adesso non viviamo che i cascami: ogni epoca ha le sue caratteristiche e oggi il libro, differentemente da 70 anni fa ad esempio, ha tantissimi concorrenti; ma nel frattempo, quante persone hanno potuto studiare, migliorarsi, approfondire le conoscenze? Milioni, decine di milioni. E la curiosità è propria dell’essere umano, di solito non svanisce, magari muta, cambia, ma non svanisce. Questo mi regala tanta fiducia nel futuro.

9) Quali sono gli obiettivi da raggiungere e come sarebbe possibile superare le difficoltà senza rinnegare il proprio lavoro? In fin dei conti, cos’è la cultura nel XXI secolo?

L’obiettivo è solo uno: sopravvivere alle turbolenze e agli anni magri, che succedono, tentando di migliorare la proposta editoriale, di rendersi sempre maggiormente affidabili per i lettori e autorevoli nel nostro panorama. È un lavoro di lunga durata, che necessita di pazienza, di grinta, di passione e di razionalità. Per questo è un lavoro così ricco, anche se pochi si arricchiscono con l’editoria.

Mi ricordo una battuta di Gaetano Caltagirone: ci sono tre modi, disse una volta, per far fuori un patrimonio: il più veloce è il gioco, il più divertente sono le donne, e il più sicuro è l’editoria. Ecco, uno degli obiettivi è non far fuori il patrimonio di partenza, ma stare sul mercato ben radicati e con obiettivi solidi, e assicuro che non è facile. Francamente su cosa sia la cultura nel XXI secolo non so rispondere: da storico vorrei dire che mi piacerebbe rinascere tra un secolo per poterlo capire a ritroso. Se devo dire una cosa, mi auguro che questo secolo sia segnato da una ritrovata relazione con il pianeta che ci ospita, con casa nostra insomma, e dalla fine dell’antropocentrismo.

Andrea Gessner
Nottetempo

 

 

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