Per concludere l’anno, pubblichiamo l’articolo scritto da Paola C. Sabatini, Consulente del Lavoro, e pubblicato sul Magazine semestrale della Chianti General Service che potete consultare qui
L’estate scorsa in Italia, mentre le temperature raggiungevano livelli sahariani, è stata avviata un’importante riforma nel nostro ordinamento: quella dello sport. Detto così vien da chiedersi che cosa c’entri con i lettori di questo magazine. Be’, a parte che sapere di tutto un po’ è sempre utile, ognuno di noi ha sicuramente un parente, un amico, un conoscente che si occupa di sport a livello dilettantistico, magari come istruttore o come dirigente di una (più o meno) piccola associazione sportiva, per non parlare di quelli che hanno praticato sport in passato e che rimangono in qualche modo legati all’ambiente sportivo in cui sono cresciuti. Oppure, può darsi che si abbia a che fare con aziende come la nostra Chianti General Service che sponsorizza e sostiene da anni tutte le squadre dell’ASD Chianti Basket, dalle bambine e bambini dei pulcini alla squadra maschile dei grandi; ma anche la squadra di pallavolo femminile dell’ASD Gallo Nero Volley che milita in prima divisione, dimostrando grande sensibilità.
Dicevamo…riforma! Quello che è cambiato è che, fino al 30 giugno del 2023, c’erano molte persone che vivevano di sport (nel senso che era il loro reddito principale), ma che non venivano considerati lavoratori in senso stretto, privi di qualunque tutela previdenziale e non solo. Infatti, se non erano lavoratori subordinati alle dipendenze dell’associazione o di una società sportiva dilettantistica oppure lavoratori autonomi titolari di partita iva come istruttori, per esempio, già soggetti di per sé alla contribuzione obbligatoria, erano soggetti piuttosto invisibili fino a quando il compenso percepito non superava i 10.000,00 euro all’anno, dopo di che scattavano degli obblighi di tipo fiscale e poco altro, ma niente contribuzione ai fini pensionistici. Non venivano considerati neanche lavoratori meritevoli di tutela in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.
Ecco perché allora questa riforma è degna di nota. Finalmente ha introdotto una categoria nuova di lavoratore, ovvero, il lavoratore sportivo: un soggetto che può guadagnarsi da vivere svolgendo un lavoro che, agli occhi dei più, è considerato mero divertimento, che non ha mai rappresentato una fonte di reddito importante ma secondaria, tutt’al più finalizzato all’intrattenimento oppure all’uso proficuo del proprio tempo libero, o di benessere psicofisico, ma non di lavoro quotidiano o fonte primaria di sostentamento.
Ma chi è il lavoratore sportivo? È un tesserato che svolge a favore di un soggetto dell’ordinamento sportivo, a fronte di un corrispettivo, una mansione che, sulla base dei regolamenti tecnici di FSN (federazioni sportive nazionali), DSA (discipline sportive associate), EPS (enti di promozione sportiva), associazioni benemerite nonché CONI, CIP (comitato italiano paraolimpico) e Sport e Salute srl, rientra in una delle seguenti categorie, i ‘magnifici sette’:
Atleti,
Allenatori,
Istruttori,
Direttori Tecnici,
Direttori Sportivi,
Preparatori Atletici,
Direttori di Gara.
A questi si aggiungeranno nel corso del tempo tutti coloro che svolgeranno mansioni incluse nell’elenco che verrà tenuto dal Dipartimento per lo Sport, aggiornato di anno in anno, e che riguarderà tutte quelle figure indispensabili, ad esempio, per lo svolgimento di una competizione sportiva, come i raccattapalle, i segna punti, i segna campo, ecc.
Come tutti i tipi di lavoro, anche in questo caso lo si può svolgere sia in forma autonoma (con partita iva) che subordinata (come lavoratore dipendente), ma la vera novità è che, in ambito dilettantistico, ora esistono le collaborazioni coordinate e continuative sportive (c. d. co.co.co. sportive) che si presumono tali fino a prova contraria, qualora la durata delle prestazioni non superi a livello settimanale le 24 ore, escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni o gare sportive
Non sono considerati, invece, lavoratori sportivi in senso stretto coloro che effettuano mansioni che rientrano nelle cosiddette co.co.co. amministrativo gestionali, ovvero coloro che si occupano in forma più o meno saltuaria e in piena autonomia delle iscrizioni, dei tesseramenti, e di tutte quelle piccole attività burocratiche amministrative che anche la più piccola associazione deve assolvere, ecc. ma viene riservato loro lo stesso trattamento previdenziale e fiscale.
Dal punto di vista contributivo, proprio perché stiamo parlando pur sempre di un mondo spesso dedito più alla promozione sociale che all’agonismo puro, sono state previste delle soglie di esenzione e un progressivo assoggettamento dei compensi sportivi alla contribuzione obbligatoria ai fini previdenziali (che scatta con il superamento dei 5.000,00 euro all’anno), in modo da non provocare repentini mutamenti nella gestione di queste piccole realtà. Inoltre, è diventato obbligatorio il rispetto delle norme in materia di sicurezza e di tutela della salute nei luoghi di lavoro. Dal punto di vista fiscale, è stata innalzata la soglia di esenzione a 15.000,00 euro, superata la quale è rimasta invariata l’imposizione precedente riguardante imposte e addizionali regionali e comunali.
Infine, altra novità importante, è stata riconosciuta la figura del volontario, che deve essere prevista e regolamentata quanto meno dal Consiglio direttivo dell’associazione o della società sportiva dilettantistica, il quale può prestare la sua opera in forma totalmente gratuita ma potrebbe anche ricevere un rimborso spese non superiore a 150,00 euro mensili, come già accade nel mondo del terzo settore, ovvero, in quell’insieme di enti di carattere privato che agiscono in diversi ambiti, dall’assistenza alle persone con disabilità alla tutela dell’ambiente, dai servizi sanitari e socio-assistenziali all’animazione culturale, affiancando le istituzioni pubbliche e il mercato del lavoro.
Lo sport dilettantistico, com’è noto, comprende l’attività agonistica, ma anche quella didattica, formativa, fisica o motoria e si caratterizza per l’assenza dello scopo di lucro, riservato invece allo sport professionistico. Significa, però, che non è un’attività commerciale, pertanto non riguarda alcune attività che si spacciano talvolta come dilettantistiche ma non lo sono: ad esempio, le palestre a cui possono accedere tutti e non solo gli associati.
Curiosità finale: rientrano nell’attività sportiva dilettantistica centinai di discipline che non sono riconosciute o che non hanno una federazione sportiva di riferimento ma che indubbiamente hanno una finalità ludica mista a promozione sociale dello sport nella sua accezione più pura, forse, quella che i latini ritenevano indispensabile ai fini di una mens sana in corpore sano. Qualche esempio: l’equitazione di campagna, la camminata nordica, lo zumba e la danza aerobica.
Non rimane che osservare la realtà per capire se questa sarà stata davvero una riforma epocale oppure no, o se rientrerà in una di quelle vicende all’italiana che avrebbero fatto dire al Principe Salina del Gattopardo: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi».