Cos’è il lavoro intermittente o a chiamata?
È un contratto di lavoro subordinato di tipo flessibile, introdotto nel nostro ordinamento per la prima volta dalla c.d. Legge Biagi, nel 2003, attualmente disciplinato dall’articolo 13 del d. lgs 81/2015, da utilizzare quando le prestazioni lavorative richieste dal datore di lavoro, la loro frequenza e la loro ripetibilità, non siano predeterminabili bensì discontinue e intermittenti appunto, e  dunque, non sia possibile il ricorso, ad esempio, ad un normale contratto di lavoro a tempo parziale che, invece, impone una puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.

Quando si può stipulare un contratto di lavoro a chiamata?

  • Prima di tutto, nei casi e per le esigenze previste dal CCNL applicato al rapporto di lavoro (anche se pochi sono i contratti collettivi che lo hanno disciplinato)
  • Se il CCNL non lo avesse disciplinato, può essere utilizzato quando la prestazione lavorativa abbia ad oggetto una delle attività discontinue di cui al Regio Decreto (sì, proprio così, avete letto bene, una legge promulgata quando l’Italia aveva ancora un Re!) n. 2657 del 6 dicembre 1923, tra cui quelle più diffuse sono le attività di custode, fattorino, cameriere, personale di servizio e di cucina nei pubblici esercizi, autista, ecc.
  • Sempre, in ogni caso e per qualunque attività lavorativa, se il lavoratore ha meno di 25 anni compiuti (e solo fino alla data del suo compimento) oppure più di 55 anni.L’azienda, inoltre, dev’essere in regola con la normativa in materia di sicurezza e tutela della salute nei luoghi di lavoro.

C’è un limite di durata al lavoro intermittente?
È un contratto di lavoro che può essere instaurato sia a tempo determinato che indeterminato, purché sussistano le condizioni soggettive e oggettive indicate dalla legge e riassunti nella risposta precedente.

Se viene stipulato un contratto di lavoro a chiamata a tempo determinato, si applicano le stesse regole di un contratto a termine?
No. Il lavoro a chiamata non soggiace alle regole dei contratti a termine, nel senso che ad esso non si applicano:
– le norme riguardanti le causali
– il divieto di superamento dei 24 mesi complessivi tra proroghe e rinnovi
– il cumulo con altri periodi di lavoro a tempo determinato o in somministrazione presso lo stesso datore di lavoro
– il cosiddetto “stop and go”, ovvero, un periodo di intervallo minimo tra un contratto a chiamata e l’altro, quando questi riguardino lo stesso lavoratore e per le stesse mansioni
– il computo nella percentuale massima di contratti a termine (20%) stipulabili in azienda, rispetto a quelli a tempo indeterminato, prevista dalla normativa vigente
– la pluralità di proroghe; infatti, può essere prorogato una volta sola, dopo di che, può essere instaurato un nuovo contratto di lavoro a chiamata, sia pure con lo stesso lavoratore e per le stesse mansioni. L’importante è sempre la verifica della sussistenza dei requisiti soggettivi e/o oggettivi previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva per il lavoro a chiamata.

Esiste un limite alle chiamate nel lavoro intermittente?
Si, il contratto di lavoro a chiamata tra lo stesso datore di lavoro e lavoratore è ammesso fino ad un massimo di 400 giornate di lavoro effettivo nell’arco di 3 anni solari (l’anno solare è un periodo di 365 giorni che si conta da qualunque giorno dell’anno); si tratta di un periodo mobile di massimo 1.095 giorni consecutivi di calendario.

Esistono deroghe al limite massimo di chiamate nel lavoro intermittente?
Sì, sono esenti da questo limite le aziende che svolgano attività nei settori del turismo, pubblici esercizi e spettacolo.

Cosa succede in caso di superamento delle chiamate ammesse nel lavoro intermittente?
Il contratto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, a partire dalla data del superamento.

Ma, nella pratica, cosa s’intende per “chiamata” nel lavoro intermittente? come vengono fatte al lavoratore?
Al lavoratore con le forme e le modalità che verranno previste al momento dell’assunzione, nel contratto di lavoro in forma scritta, che possono essere via sms, email, programmi di messaggistica istantanea (ad es., Whatsapp), chiamata telefonica, ecc.

Il lavoratore è sempre obbligato a rispondere alla chiamata nel lavoro intermittente?
Solo se ciò è stato previsto nel contratto di assunzione e a fronte dell’erogazione, da parte del datore di lavoro, della corrispondente indennità di disponibilità per i periodi di intervallo tra una chiamata e l’altra, indennità che non può essere inferiore al 20% della retribuzione prevista dal CCNL di riferimento.

Le chiamate del lavoro intermittente devono essere comunicate a qualcun altro, oltre che al lavoratore?
Oltre alla normale comunicazione telematica di assunzione preventiva, che deve essere inviata al competente Centro per l’impiego, il datore di lavoro è altresì obbligato ad inviare una comunicazione amministrativa (almeno un’ora prima) dell’inizio dello svolgimento della prestazione lavorativa (singola chiamata) o di una pluralità di prestazioni lavorative (più chiamate), che comunque non può superare i 30 giorni, seguendo le modalità indicate nel sito www.cliclavoro.gov.it (via sms, email ed altri strumenti previsti nelle istruzioni operative che si trovano lì) o, meglio ancora, chiedendolo al proprio consulente del lavoro. La caratteristica principale di queste chiamate è che non devono essere indicate preventivamente le ore di lavoro richieste ma soltanto i giorni in cui la prestazione lavorativa avrà luogo.

Qual è il trattamento economico riservato al lavoratore a chiamata?
Lo stesso che viene riservato, a parità di livello e mansioni, ad un altro lavoratore. Tuttavia, data la particolarità della prestazione lavorativa, la struttura della retribuzione è solitamente composta di due elementi:

  1. la retribuzione oraria per il lavoro ordinario
  2. il c.d. “rateo di lavoro a chiamata” comprendente una quota oraria di o delle mensilità aggiuntive nonché una quota oraria di indennità sostitutiva di ferie e permessi; questo è, infatti, l’unico caso in cui è ammessa la monetizzazione delle ferie in costanza di rapporto di lavoro, proprio per via dell’intermittenza e discontinuità lavorativa.

Cosa succede nel caso in cui il datore di lavoro abbia correttamente comunicato l’instaurazione del rapporto di lavoro a chiamata ma si sia dimenticato di comunicare le chiamate all’organo competente?
In caso di violazione dell’obbligo di chiamata, il personale ispettivo può applicare una sanzione amministrativa da 400,00 a 2.400,00 euro per ogni lavoratore.

Molto altro potrebbe essere aggiunto ancora, ad esempio sulle tutele previste in caso di malattia, maternità, infortunio, ecc., ma abbiamo cercato riportare le domande che più frequentemente ci vengono rivolte dai clienti in generale.

Come sempre, vi invitiamo a consultare il vostro Consulente del Lavoro qualora desideriate approfondire l’argomento.

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Foto credit:  illustrazione tratta da Pixabay

 

 

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